
LUOGHI E ABITANTI












San Bartolomeo
Nelle città di non conflitto, la presenza di paesaggi militari urbani profondamente segnati da strutture e attività afferenti alle Forze Armate, rappresentano geografie in constante cambiamento. Negli ultimi decenni la trasformazione delle politiche di difesa e il nuovo ruolo acquisito dalle città come promotrici dello sviluppo locale hanno plasmato a diverse scale le geografie urbane. In molti ambiti territoriali la rifunzionalizzazione degli spazi urbani destinati ai militari ha dato luogo, comunque, a persistenze tanto sul piano istituzionale quanto su quello fisico, estetico, materiale. A Cagliari, nella maggior parte dei casi, l’amministrazione militare (in assenza di una azione politica rivendicativa) ha operato per la riorganizzazione funzionale delle proprie attività e ha rimandato le dismissioni. Ciò ha contribuito all’emergere di spazi in apparente abbandono, vere e proprie isole di extra-territorialità sottratte alla pianificazione urbanistica cittadina, accanto a strutture militari rivitalizzate dal sostegno istituzionale.
In questo contesto l’area di San Bartolomeo – Calamosca costituisce un’enclave frammentata di presenza civile che in maniera liquida si è inserita nelle entità militari. Un’area fino agli anni Sessanta del Novecento preclusa alla città, comunità esogena di militari, dipendenti civili dell’amministrazione militare e delle loro famiglie, «prigionieri» privilegiati di una delle aree paesaggisticamente più belle della città ma al contempo immersa in una realtà parallela di servizi dedicati e di fragilità sociali, fatte di molti allontanamenti e plurimi ritorni. L’apertura verso la città, e il mutare delle funzioni militari, ha aperto la strada a un processo formale/informale di costruzione di nuove identità fragili, sospese nel processo incompiuto di inserimento urbano di una realtà «murata» e, a molti, sconosciuta.
IL nostro viaggio visuale vuole raccontare come nella quotidianità siano vissuti alcuni processi che caratterizzano i paesaggi militari urbani nella loro dimensione di spazi soglia, nella quale le dicotomie formali - ad esempio civile/militare, legale/illegale, dentro/fuori – possono essere ripensate alla luce degli effetti che la presenza delle Forze Armate induce su una scala di prossimità. In questo contesto, si vuole approfondire come il bar e la chiesa di quartiere, i suoni e le recinzioni delle caserme, le abitazioni degli ex militari in affitto dal demanio militare o regionale, assumano forme ibride nelle quali l’impronta militare si (ri)produce. All’interno di questa prospettiva, assume una forte valenza analitica e politica la decostruzione dell’immaginario urbano, che può svolgersi da un lato, attraverso il segno grafico, la rappresentazione di una realtà conosciuta in maniera frammentata, fatta di vincoli e parziali aperture, dall’altro lato, dando voce (e corpo) a forme di narrazione da parte dei soggetti che vivono lo spazio soglia. Si cerca in questo modo di restituire la complessità di una costruzione multi generazionale, attraverso storie vissute, punti di vista, esperienze relazionali ed emozionali in cui si esprimono desideri e speranze e prendono forma pratiche quotidiane e straordinarie della relazione con lo spazio e con la comunità.